Le domande più frequenti sul trust

Perché istituire un trust?

Il trust è uno strumento estremamente versatile e teso ad essere utilizzato con grande efficienza di risultati in molteplici occasioni. Infatti, tale istituto giuridico si caratterizza per essere una struttura “aperta” alla quale ciascuno può attribuire il contenuto che desidera, nel rispetto di pochi e chiari principi fondamentali, in base alle proprie esigenze concrete.

In particolare, il successo del trust nel nostro ordinamento è dovuto alla sua capacità di tutelare una serie di interessi che ormai l’invecchiamento del nostro impianto giuridico lascia in secondo piano.

Di seguito, alcuni esempi:

  • tutela della famiglia, inclusi coniugi e conviventi, e in particolare dei figli, specialmente se discendono da differenti unioni, per garantire sicurezza e stabilità economica a prescindere dalle vicende personali, successorie e patrimoniali che potrebbero occorrere;
  • gestione imparziale della successione di un’impresa o di un gruppo industriale: il trust, diventando l’unico azionista – o azionista di maggioranza – consente fluidità nelle scelte e decisioni, le quali non si disperdono fra tanti eredi che potrebbero avere posizioni e interessi assai diversi, garantendo unitarietà di gestione dell’azienda, nell’interesse della stessa, nonché della famiglia nel suo complesso;
  • tutela di un figlio/genitore/parente disabile;
  • pianificazione ordinata della destinazione di un patrimonio;
  • destinazione di un dato patrimonio ad attività benefiche o a scopi particolari come la tutela delle arti o di beni culturali.
Quali beni si possono conferire in trust?

Non esistono limitazioni: è possibile dotare il fondo in trust di qualunque tipologia di beni. Ad esempio:

  • quote societarie in genere;
  • immobili;
  • denaro, investimenti e polizze, quote di fondi comuni, azioni e obbligazioni quotate e non quotate;
  • diritti di credito;
  • diritti d’autore;
  • oggetti preziosi;
  • collezioni d’arte.
Cosa significa che il patrimonio conferito in trust è segregato?

Il trust permette a un soggetto (il disponente) di trasferire la proprietà di tutto o parte del suo patrimonio a un altro soggetto (il trustee), affinché questo lo amministri nell’interesse di uno o più soggetti definiti beneficiari, o per il perseguimento di uno scopo, nel rispetto di quanto previsto nell’atto istitutivo. Il potere del trustee rispetto alla disponibilità del patrimonio ad esso trasferito è un potere fiduciario, e cioè vincolato al programma definito in fase di istituzione e limitato nel tempo. Dunque, il patrimonio conferito in trust è soggetto a un vincolo di destinazione che lo separa sia dalla sfera patrimoniale del trustee sia da quella del disponente e, naturalmente, dei beneficiari. L’effetto segregativo discende proprio da tale separazione patrimoniale che si verifica in fase di conferimento di beni in trust. Ne deriva che i terzi creditori sono impossibilitati a soddisfare le proprie pretese sul fondo in trust (sempreché il trust non sia stato istituito dal disponente già in stato di profonda insolvenza proprio per aggirare le pretese creditorie).

Quanto dura un trust?

La durata del trust è variabile ed è fissata nell’atto istitutivo. Un trust può arrivare ad avere una durata davvero lunga e, a tale proposito,  il limite massimo è stabilito dalle singole leggi regolatrici. Per fare un esempio, la Legge della Repubblica di San Marino e quella di Jersey fissa la durata massima di un trust in 100 anni.

A chi assegno il ruolo di trustee e di guardiano?

Il trustee è chiamato a svolgere necessariamente un ruolo specialistico. Dunque, è meglio rivolgersi a una trust company professionale. Il guardiano non è una figura prevista obbligatoriamente e, se nominato come figura di garanzia, deve essere informato per ciascuna operazione straordinaria. Dato il suo ruolo di controllo nei confronti dell’operato del trustee, generalmente è una persona di fiducia del disponente, anche un amico o un parente, che conosca bene il disponente e le esigenze della sua famiglia. Certamente, anche in questo caso, è meglio optare per una figura con competenze professionali mirate nel campo dell’economia o del diritto.

Può essere rischioso intestare i propri beni a una trust company?

Il trust è un rapporto basato sulla fiducia la quale, dunque, non può mancare qualora si decida di istituirne uno e affidare il proprio patrimonio a un trustee. Ciò che, tuttavia, bisogna tenere sempre a mente è che il trustee è un professionista che gestisce il patrimonio a lui affidato non solo in virtù dell’obbligazione fiduciaria che scaturisce da tale rapporto ma anche e soprattutto degli obblighi di diligenza a cui soggiace. Sono infatti previste sanzioni civili e penali in caso di cattiva amministrazione. Uno degli strumenti che permettono di monitorare la buona gestione del trustee è l’obbligo di rendiconto a cui questi è sempre tenuto nei confronti dei beneficiari e del guardiano i quali hanno sempre potere di revoca nei suoi confronti in caso di mala gestio.

È possibile revocare il trustee?

Se per qualsiasi motivo il rapporto con la trust company dovesse incrinarsi e dovesse venire meno la fiducia fondante il rapporto, il guardiano può, nelle forme e alle condizioni previste dall’atto istitutivo, revocare il trustee, e rivolgersi ad un’altra trust company, trasferendo ad essa la gestione del fondo in trust.

Quanto costa il trust?

Il trust può essere uno strumento più o meno complesso, a seconda della composizione del fondo e delle attività che questo richiede per la sua gestione.  Dunque, i costi di istituzione e di gestione dello stesso possono variare in base alle singole fattispecie concrete.

Costi fiscali: secondo innumerevoli sentenze della Corte di Cassazione, a cui sembra essersi allineata recentemente anche l’Agenzia delle Entrate, l’istituzione del trust e, soprattutto, l’atto di conferimento in trust sono definiti come atti neutri. Non sono quindi dovute imposte indirette (successione e donazione), ma solo l’imposta di registro e, se del caso, le imposte ipo-catastali, in misura fissa. Le imposte saranno dovute al momento della devoluzione ai beneficiari finali dei beni in trust.

Costi di istituzione: si tratta della parcella dovuta alla trust company o, comunque, al professionista che redige e studia l’atto istitutivo. Inoltre, bisogna considerare gli eventuali costi dell’atto notarile per l’istituzione del trust (nel caso in cui si opti per l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata) e per il conferimento dei beni in trust qualora richiedano la forma dell’atto pubblico.

Costi di gestione: si tratta delle competenze annue pagate alla trust company per la gestione del trust: comprende gestione ordinaria, contabilità e dichiarazione dei redditi.

Istituire un trust comporta vantaggi fiscali?

In talune occasioni, il trust può certamente rappresentare un valido strumento di ottimizzazione ed efficientamento fiscale. Tuttavia, tali elementi non devono guidare la scelta legata all’istituzione di un trust. Infatti, optare per questo strumento al solo fine di ottenere vantaggi fiscali è sbagliato e potrebbe rivelarsi deludente al punto di incorrere nella fattispecie di inesistenza del trust. Il trust offre invece grandi vantaggi in termini di pianificazione e protezione del patrimonio.

Quando non si può istituire un trust?

Il trust non può essere usato per frodare i creditori, né per fuggire dai crediti tributari. Infatti, l’efficacia protettiva di tale strumento è valida purché le eventuali problematiche e rivendicazioni abbiano origine dopo la sua istituzione e l’operazione non sia premeditata.

Quando si istituisce un trust si perde il controllo del proprio patrimonio?

Istituire un trust significa trasferire tutto o parte del proprio patrimonio al trustee affinché questo lo amministri in virtù del programma previsto nell’atto istitutivo e nell’interesse dei beneficiari. In particolare, istituire un trust significa pianificare la destinazione del patrimonio e segregarlo perché l’obiettivo sia raggiunto in modo efficace. Uno dei presupposti fondamentali per la sua validità è che il disponente, una volta istituito il trust, “esca di scena” e non interferisca nella gestione dei beni in trust. Da quel momento,  il controllo sulla gestione del trustee è affidata al guardiano, che ha sempre il potere di revoca nei confronti del trustee, e ai beneficiari a cui spetta sempre il diritto al rendiconto.

È possibile riavere i beni assegnati in trust?

Generalmente no, la gran parte dei trust istituiti nel nostro ordinamento sono irrevocabili da parte del disponente. Tuttavia, esiste la possibilità di decidere per la revocabilità de trust ma, si badi bene, tale scelta implicherebbe automaticamente l’inesistenza fiscale del trust: per l’Agenzia delle Entrate è come se quel trust non esistesse rendendo inapplicabile la tassazione prevista per questo strumento. E’ bene sottolineare, a tale proposito, che considerate le scelte e le esigenze che soggiacciono al ricorso al trust da parte di un soggetto non sarebbe molto sensato decidere di revocarlo a piacimento. E’ sempre prevista, invece, per alcune leggi regolatrici, la possibilità per i beneficiari che siano maggiorenni, capaci e concordi all’unanimità di porre fine anticipatamente al trust.

È possibile che il disponente si auto-nomini trustee?

Si, è possibile: si tratta  di “trust auto-dichiarato”. È doveroso sottolineare, tuttavia, che l’Agenzia delle Entrate considera tali tipi di trust come fiscalmente inesistenti (poiché fittiziamente interposti) e la stessa Corte di Cassazione ha espresso più volte seri dubbi sulla loro validità poichè, di fatto, la segregazione del patrimonio potrebbe essere solo apparente e finalizzata unicamente a sfuggire alle pretese dei creditori. Tuttavia, questa formula è pienamente valida e riconosciuta quando si tratti di trust di scopo, come quelli istituiti per salvaguardare i disabili.

Quali informazioni vengono fornite dalla trust company sulla gestione del trust?

Ogni anno la trust company deve redigere un rendiconto della gestione del trust e sottoporlo ai beneficiari, al guardiano o a entrambe le parti comunque nei termini previsti nell’atto istitutivo.